“Mi scusi, mi sono appena laureata in triennale e so di non avere grandi esperienze lavorative.”
“Purtroppo è un percorso di studi strano il mio. Ho fatto un anno di chimica e poi sono passato ad economia.”
“Mi spiace del cv lungo ma per me tutti questi lavori sono stati importanti.”
Queste sono alcune delle frasi che mi capita di sentire durante le selezioni per i nuovi master.
I candidati sono promettenti laureati under 30, alcuni veramente giovanissimi, la maggior parte ha fatto esperienze all’Estero e quasi tutti sono disposti a spostarsi lontano da casa per approfondire la loro formazione. Diversi hanno però in particolare in comune una cosa:
Mi raccontano il loro CV scusandosi
…per non aver avuto un percorso di studi lineare, per aver fatto delle esperienze di lavoro diverse o per essere giovanissimi ma non aver ancora lavorato in contesti strutturati ecc…
Il motivo non importa, quello che conta è il sintomo:
siamo infatti stati abituati a pensare alla carriera come ad un percorso in crescita tracciato su una retta sicura e ben tracciata anche se sappiamo che le certezze legate a studio, stabilità contrattuale, crescita economica non ci sono più almeno da una decina d’anni.
Da vecchia millennial che sono, riconosco che la nostra generazione è stata imprigionata tra un’infanzia-adolescenza di benessere e belle speranze e tra una realtà adulta fatta di promesse non più mantenute in un mondo del lavoro con molte meno certezze dei genitori.
D’altra parte sono -per fortuna- anche aumentate tantissimo le opportunità di studio e tirocinio all’Estero oppure tipologie di formazione non direttamente collegati all’Università.
Quindi mi sentirei di riconoscere come “normalità” anche avere un percorso di studio/lavoro non lineare dove cambi di rotta, più lavori “diversamente contrattualizzati” (tirocini, volontariato, freelance ecc..) e pause, dovrebbero essere valorizzate senza timori eccessivi.
Come già scrivevo in un post precedente, anche questo significa valorizzare la diversità in azienda, riconoscendo ad una formazione “non convenzionale” punti a favore rispetto a flessibilità, problem solving, capacità di apprendimento, facilità di adattamento ai cambiamenti rispetto a ruoli commerciali, creativi, di sviluppo prodotto o organizzativi.
(Ovvio e -per fortuna- ruoli più tecnici o normati avranno comunque sempre bisogno di una formazione specialistica.)
Ecco perché BASTA SCUSARSI. Ti propongo così di seguito qualche consiglio pratico per “sistemare” il proprio Cv e valorizzare al meglio il tuo percorso.
- Evitare i buchi : Una cosa che salta all’occhio a tutti coloro che fanno selezioni sono i “buchi” ovverosia i tempi morti, senza nessuna indicazione, tra i vari step di studio -per es. un anno tra fine liceo e inizio Università- e i vari lavori -sei mesi senza riferimenti nei quali, dopo la fine di un contratto, appare come se fossimo stati a riposarci su un’amaca-.
Naturalmente non è così, saremo stati sicuramente impegnati in qualcos’altro. Il mio consiglio è quindi quello di scrivere quei lavori/attività che ci hanno tenuto occupati: siano essi lavoretti, corsi di formazione, corsi di lingua all’Estero, volontariato o magari la realizzazione di una startup! In questo modo non solo eviteremo questi “limbi” temporali ma daremo comunque l’impressione di essere persone proattive ed intraprendenti.
Scrivere tutto …ok ma con buonsenso ergo non scriviamo un cv di cinque pagine!
- Inserire gli studi Universitari non conclusi Come per il punto precedente ma, con ancora più importanza, scriviamo anche gli anni universitari non conclusi oppure trascorsi in un’altra facoltà, indicando il numero degli esami sostenuti.
Nel primo caso, eviteremo comunque un “buco” da giustificare poi con scelte personali e/o lavorative, nel secondo (cambi di facoltà) daremo l’impressione di essere consapevoli delle nostre scelte: è normale non avere le idee chiare a 19 anni, meno è proseguire fino alla fine un percorso che non ci piace solo per “paura” di cambiare o perdere tempo. Al colloquio possiamo comunque presentare il percorso universitario non terminato come un’opportunità che ci ha permesso di affinare alcune skills personali o tecniche.
- Trovare un fil rouge Un punto di unione e contatto tra le diverse esperienze che ci permetta comunque di presentarle come una crescita. Ad esempio, ho fatto lavoretti come commessa al liceo, studiato due anni medicina, che non mi piaceva, per poi passare ad economia ed ora mi sto candidando per posizioni di comunicazione: il fil rouge potrebbe essere il rapporto con le persone e la capacità di entrarci in sintonia.
Questo ci permetterà di vivere il nostro percorso, anche se “frastagliato”, con maggior sicurezza e di raccontarlo evidenziando come ogni tassello ci abbia regalato una competenza in più.
- Non dimenticare anche altri tipi di formazione Se hai fatto il Conservatorio, diplomandoti o meno, sei iscritto ad un ordine, hai ricoperto delle cariche per associazioni o simili, hai seguito corsi di formazione strutturati…scrivilo! Magari in maniera molto sintetica, distinguendole in una sezione apposita come “ulteriore formazione” oppure, se non vuoi appesantire il Cv nella sezione dedica agli interessi.
- Quando si hanno più esperienze, differenziare il Cv. Forse l’avrai già letto più e più volte, quando si hanno tante esperienze molto diverse un consiglio è quello di fare dei CV distinti per il tipo di attività al quale ci si candida. Non mille ma ne bastano due o tre dove mettere in luce maggiormente alcune esperienze rispetto alle altre. Mai mentire solo alcuni make up.
- Al colloquio descrivi le competenze acquisite con esempi dalle varie esperienze. Evita di scrivere elenchi di competenze acquisite (l’autocelebrazione è ben poco apprezzata) ma piuttosto racconta l’esperienza sulla base di quanto ti ha lasciato in termini di conoscenze tecniche o softskills. Il Cv ricorda non è una summa della vita ma un biglietto da visita per invogliare al colloquio.
- Continuare a coltivare i propri interessi anche se non costituiscono più la carriera principale. Posso sempre essere utili e una carta in più da tirar fuori al momento giusto. Questo non solo lo penso ma lo metto in pratica, se no non continuerei a tradurre dal giapponese. Perché perdere quello che si acquisito con passione finora.
Per chi ancora non fosse convinto che avere coltivato più di un’attività sia un’aspetto positivo del carattere invito a leggere l’articolo di Micaela Terzi “Se sei bravo in molte cose ma ti annoi presto, sei un Multipotenziale” su Centodieci http://www.centodieci.it/2017/02/chi-e-il-multipotenziale/ e leggere il blog di Emilie Wapnick http://puttylike.com coniatrice del termine “Multipotentialite”, persone con molteplici interessi fino a diventarne esperti per poi passare ad altro.
Non si tratta di un difetto ma anzi, se coltivato nel giusto ambiente, un’importante risorsa in termini di innovazione, adattamento e pensiero laterale.
Che ne pensate?