Pensavo che le cose andassero in un certo verso, invece non è così.

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Quando ho iniziato a lavorare pensavo che le cose andassero in certo verso, invece non è così.

L’effetto Rosenthal o quello dello profezie che si autovverano. Lo conosci, vero?

Ci dicono, o ci diciamo, che le cose che andranno in un modo e alla fine vanno proprio così. Perché siamo stati stesso noi ad esserne convinti fino a “autosabotare” le vicende affinché prendessero quella strada che sembrava l’unica tracciata.

Le profezie che si autoavverano, i giochi non sono fatti, ecco come cambiare il tuo futuro.
In questo post rifletto come, 10 anni fa i giochi che pensavo essere già stati definiti, ora non sono più così.

Ci riflettevo qualche giorno fa su come, a 28 anni, pensavo che i giochi per me fossero fatti: non avere una strada tracciata, vivere in provincia, avere una preparazione debole alle spalle che non mi avrebbe dato chissà che professionalità, non avere nessuno accanto (eh sì, perché a quella veneranda età, ero single e pure abbastanza solitaria).

Ora ne ho 38, o meglio sono più vicina ai 39, e quelle profezie non si sono avverate. Altri scenari, del tutto inimmaginabili a quell’età, fanno parte invece della mia vita. Una professione che sento mia, una vita in città, una famiglia e la possibilità di venire a contatto con tante persone grazie ai social.

Premessa o meglio DISCLAIMER (perché qui in rete, se non fai almeno tre o quattro disclaimer, rischi di beccarti l’accusa di essere “arrivata“, “la super donna” o “eh, ma per noi non funziona così“, “tu non capisci come vanno le cose“): non ti dico che sarà tutto rose e fiori, non è che il mio percorso sia privo di sacrifici e di rinunce, non mi sento arrivata, non mi sento un modello, non voglio venderti la ricetta della felicità. Ma solo darti da riflettere che quando pensi “Ormai sarà così” devi renderti conto che non c’è nulla di definito a priori.

Dunque quando ho iniziato a lavorare pensavo che le cose andassero in certo verso, invece non è così.

Ecco quello che mi dicevano, o mi dicevo, che invece non c’ha azzeccato nulla con la realtà.

  • NON HO NESSUNO ALLE SPALLE Vero, vengo da una famiglia normale. I miei genitori ancora abitano in Umbria in un paese di 5000 abitanti. La città più vicina è Perugia e, negli anni ’90 – inizio 2000, state certi che di concerti, mostre, cinema ed eventi non vi arrivasse quasi nulla. Di domenica era tutto chiuso. Vero, non ho potuto sfruttare le conoscenze di famiglia per entrare nel mondo del lavoro ma ho avuto un’infanzia serena, i miei mi hanno lasciato massima libertà sulle mie scelte.
    • COSA E’ SUCCESSO Con le possibilità a mia disposizione, sono riuscita a non farmi mancare esperienze all’Estero, studiare quello che volevo e ho trovato un posto a Milano. Molto lontana però dalla milanese borghese, perché parlo ancora con un accento del contado perugino come se fossi ancora tra quelle colline.
  • SE NON CONOSCI, NON ENTRI Correlato con il primo punto ho sempre pensato che, senza spinte, chi mi avrebbe mai notato? Ovvio il networking è super importante e non posso negare il suo fondamentale ruolo ma, per me, le cose sono andate diversamente
    • COSA E’ SUCCESSO Finito il dottorato di ricerca, mi sono ritrovata a cercare lavoro da casa su Milano. Aggiorno il mio CV, cerco di renderlo quanto più aziendalista adattando le attività, metto il domicilio a casa del fidanzato in Viale Umbria (il quale aveva dato come condizione “Vieni a Milano se ti trovi un lavoro. Io non ti mantengo“). Lo carico su Monster e mi chiamano. Una di quelle mega aziende che hai sempre conosciuto da quando eri piccola. Qualche colloquio nella canicola milanese, con i tacchi che affondano nell’asfalto, e vengo selezionata. Ho puntato sulle competenze trasversali, le esperienze all’Estero, l’esperienza nel tutoraggio all’Università e l’amore per la formazione. Non conoscevo nessuno di nessuno. E il caro fidanzato (il quale sentenziava che “con un dottorato alle spalle, chi vuoi che ti prenda qui a Milano?“) si è ritrovato la mia compagnia con un anno di contratto di sostituzione maternità. Per la cronaca: ora è mio marito.
  • NON SO FARE NULLA Quando mi chiedono di raccontare il mio percorso di studi, mi esce sempre un sorriso. Eh sì, perché dire che lavori nella formazione post-laurea dopo una triennale in Comunicazione Internazionale, una specialistica in Relazioni Internazionali e un dottorato in Linguistica, non è che chiarisca molto sulle reali mie competenze. Considerando che ci sono colleghe che fanno il mio stesso lavoro dopo un Master in Risorse Umane.
    • COSA E’ SUCCESSO Il mio ruolo è fatto di curiosità, ascolto, empatia e capacità di prevedere i problemi. Io credo che un percorso a zig zag, la passione per la ricerca e l’insegnamento oltre che la voglia di imparare sempre qualcosa di nuovo siano stati basilari nel darmi la giusta motivazione per inserirmi nel settore e continuare. Il resto è stato appreso sul campo.
  • DI’ SEMPRE DI SI Ammetto che anelo troppo il riconoscimento degli altri. Forse la sindrome della brava bambina, che mi porta a ricercare il “brava” dietro ogni compito che presento e anche a dire “” incondizionatamente, specie al lavoro, per sembrare più carina e apprezzata. Su questo aspetto, ammetto, che devo ancora lavorarci ma quello che ho ottenuto, il più delle volte, è …diventare mira facile dello scaricabarile di compiti, non solo da parte dei superiori ma anche da parte di colleghi pronti a rifilarti un po’ dei loro compiti.
    • COSA E’ SUCCESSO Dire “aspetta, non ce la faccio.” non è scortesia ma ti permette di gestire meglio il carico di lavoro. Quindi prima di dire sì, subito e repentino, fai un respiro e, in quel mentre, valuta la situazione.
  • L’OROLOGIO BIOLOGICO Questo forse è il punto più controverso. In molti potrebbero dire che spesso desideri un figlio e non riesci o non te lo puoi permettere. Che lo Stato dovrebbe porre fine a questa grottesca scelta tra il lavoro e la famiglia, dando più tutele e supporti alla maternità/paternità. Ma io ti racconto la mia. Prima di avere un contratto a tempo determinato, ho fatto due sostituzioni maternità, lavorato in un ufficio solo al femminile dove almeno una-due gravidanze all’anno erano la norma. Eppure, in questo turbinio di pance, arrivata al matrimonio, a 34 anni, io non desideravo avere figli. O meglio, non ero contro, ma nemmeno ne sentivo la necessità. Naturalmente tutti a farti sentire il senso di colpa, “dopo i 35 anni non sarà facile“, “eh ma quanto aspetti…“, “eh poi non potrai averli“.
    • COSA E’ SUCCESSO A dire la verità, a 36 anni, mi ero rassegnata: 1) non è che proprio fossi così convinta 2) non mi sembrava mai di trovare mai l’optimum per questa decisione 3) ormai, a detta della gente, ero ad un passo dalla menopausa. Per la cronaca – e rido mentre lo scrivo- non ho fatto in tempo a dire “Ma dai proviamoci” che ero incinta. “Aiuto! Funziona!” ho detto, quando a 21 giorni di ritardo mi sono decisa al test. “Che sarà mai questo ritardo, ho ormai quasi 37 anni”. Ovvio che non per tutti è così, ma…

IN CONCLUSIONE Quando ho iniziato a lavorare pensavo che le cose andassero in certo verso ma non voglio dirti per questo che io sia stata una miracolata. Riflettendo sul mio percorso, ecco cosa secondo me ha giocato un ruolo fondamentale nello scardinare queste profezie.

  • Ho studiato quello che mi piaceva: fondamentale per appassionarsi, trasmettere entusiasmo ed avere una reale motivazione in quello che si fa.
  • Ho lasciato la mia comfort zone: Partire da sola in Giappone dopo una vita in casa coi tuoi, era affascinante ma non è stato facile. Solo dopo mi sono accorta quanto mi abbia dato questo Paese in termini di soft skills.
  • Non mi sono tirata indietro di fronte alle opportunità: Cercavo lavoro su più fronti, visto che il mio obiettivo era andare in città. Ho passato momenti di sconforto ma non mi sono mai fermata. Mai ho pensato che mi stessi umiliando nel cercare un lavoro da impiegata, dopo due lauree e un dottorato.
  • Ho cercato lavoro dove c’era: sicuramente Milano offre molte più opportunità di altre città. Il mio lavoro lì era presente e accettato, altrove non so.
  • Non ho smesso mai di imparare: ma non solo sui libri, anche soprattutto dagli altri. Tutto il lavoro che faccio sull’orientamento e la mia competenza, nasce proprio dall’essermi appassionata alle storie degli altri.
  • Mi sono ispirata ma anche fatto di testa mia: Ho sempre osservato tanto gli altri per prendervi spunto, prima considerandoli meglio e poi considerandoli miei pari. Alla fine però ho sempre fatto riferimento a me stessa. Mi sono sentita tanto a disagio assieme ad altre persone mentre ora, se mi guardo indietro, vedo che un valore ce l’ho pure io.
  • Ho fatto un bilancio nel lungo periodo. Perché, appunto, a 28 anni pensavo che i giochi fossero già fatti.

Fammi sapere che ne pensi e come posso aiutarti. Leggi anche perché non devi vergognarti del tuo cv.

@fabianamanager

Tutte le cose che pensavo fossero vere quando ho iniziato a lavorare e invece vere non erano. #fabianamanager #imparacontiktok #lavoro #carriera

♬ Whatcha Say – Jason Derulo
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